Avignon - Microgame

Spedizione celere, prodotti in ottimo stato.
Consigliatissimo 😊👍🏻

Ottimo

Ottimo gioco davvero, una sorpresa! Profondo e non banale. Ottima longevità.

Ottimo gioco adatto a tutti, neofiti e non. Poche regole che si spiegano in pochissimi minuti. Uno di quei giochi in cui si fa una partita dietro l'altra.
E come sempre, GRAZIE RANE! Siete TOP!

Gioco imperdibile meccaniche facili ma solidissime un piacere per gli occhi ambientazione riuscita benissimo consigliato a chi ama il genere light ambientato dalla componentistica delux

Imballaggio perfetto, apprezzatissime le mail e la scheda giocatore!

Penso proprio comprerò altro qui!

Spedizione impeccabile
Gioco fantastico, assolutamente consigliato se siete amanti dei giochi a tema fantascienza e dove c'è una discreta dose di interazione con gli altri giocatori

Assortimento molto buono, spedizioni veloci.

Se pensavate che Unmatched fosse già il re delle sfide 1v1, l’arrivo di The Witcher Realms: Fall e Steel and Silver alza il livello a… beh, a qualcosa tipo “duello epico da saga fantasy con un pizzico di sarcasmo”. Questi mazzi non sono solo belle carte da collezione: sono mini‑universi strategici dove ogni combattente ha un set di mosse, contrattacchi e combo che richiedono più cervello di un rompicapo per nerd.

Fall porta con sé la tensione di Geralt, con le sue magie, segreti e contratti sanguinolenti. Ogni carta è ben bilanciata, ma ti fa sentire il peso della strategia: decidere se sprecare una mossa potente ora o tenere il meglio per dopo è un vero e proprio dilemma morale… tipo scegliere se mangiare l’ultimo pezzo di torta o salvarlo per domani.

Steel and Silver invece brilla per varietà e flessibilità: le nuove abilità e i combattenti aggiungono combinazioni da far girare la testa, con twist che possono ribaltare la partita in un solo colpo. L’interazione tra mazzi è fantastica, e le meccaniche di movimento e attacco rendono ogni match dinamico e soddisfacente.

Il difetto? Se non hai mai giocato a Unmatched prima, preparati a qualche colpo di scena iniziale: le combinazioni tra carte e timing richiedono pratica… e qualche bestemmia ludica di troppo.

In sintesi: mazzi che brillano per design, equilibrio e divertimento strategico. Perfetti per chi ama pianificare mosse, osservare avversari cadere in trappole e sentirsi… praticamente uno Strigo professionista.

Se Luthier fosse un’esperienza reale, sarebbe come svegliarsi un mattino e scoprire di essere diventato un artigiano di strumenti musicali con poteri mistici, ma senza manuale di istruzioni e con la possibilità concreta che il violino appena costruito ti faccia il verso alle tre di notte. È un viaggio sensoriale tra legno che profuma di foresta incantata e corde che sembrano sussurrarti segreti proibiti.

Appena inizi a giocare, ti rendi conto che non stai solo componendo strumenti: stai praticamente componendo il tuo destino. Ogni mossa è un misto di epifania e panico creativo: “Se incastro questo tasto qui, forse diventerò un maestro rinomato… o forse l’ukulele esploderà in un’esplosione di glitter e lacrime di gioia”.

L’esperienza è così immersiva che potresti dimenticare il mondo esterno. Non è raro ritrovarsi a contemplare un pezzo di legno come se fosse un oracolo, o a discutere con gli altri giocatori di armoniche ancestrali mentre la tua anima, lentamente, si fonde con il suono di un liuto immaginario.

Il difetto? Beh, qualcuno potrebbe obiettare che rischi di prendere troppo sul serio l’arte del luthieraggio… ma in realtà, se non ti sei sentito almeno una volta un demiurgo dei suoni, stai giocando male.

In sintesi: Luthier non è solo un gioco da tavolo. È una setta, un rituale, un poema epico in cui il legno ti parla… e tu ascolti.

Se Rock Hard 1977 fosse un concerto, sarebbe quello in cui il chitarrista dimentica l’assolo, il cantante perde la voce e il batterista lancia le bacchette al pubblico… ma tutti si divertono comunque come dei pazzi. È un gioco che ti permette finalmente di vivere la vita autentica di una rockstar anni ’70: sudore, caos, gloria… e soprattutto caramelle, la vera valuta del successo.

Sì, perché in questo gioco le “caramelle” non sono un dolcetto innocente: sono potere puro, come le groupies ma senza rischi legali. Le usi per tutto: suonare meglio, migliorare la band, rendere più fighi gli assoli o — cosa più importante — sabotare i tuoi amici con la stessa dolcezza con cui lanci un confetto al loro ego.

Il gioco scorre bene, tra litigi interni al gruppo, riff improvvisati e decisioni strategiche che sembrano prese dopo tre birre tiepide, proprio come nel 1977. L’atmosfera è grandiosa: il tavolo si trasforma in un backstage puzzolente e caotico, e ogni turno è un piccolo disastro artistico.

Il difetto? Chi ama l’eleganza dei german secchi potrebbe entrare in crisi nel vedere un titolo in cui una manciata di caramelle decide il destino di una band più del talento musicale. È caotico, è dolciastro, è assolutamente fuori controllo.

In altre parole: puro spirito rock. E zucchero. Molto zucchero.

Immagina di svegliarti una mattina e pensare: “Oggi mi va di scalare un animale lungo quanto un quartiere.” Benvenuto in Leviathan Wilds, il gioco dove tu e i tuoi amici vi arrampicate su creature gigantesche che non hanno alcuna intenzione di farvi accomodare.

Qui non si uccidono mostri: li si cura. Perché? Non lo sappiamo. Forse perché siete delle brave persone, forse perché avete una strana attrazione per l’alpinismo estremo, forse perché i leviatani hanno un’assicurazione sanitaria ridicola. Ogni turno scegli una carta dal tuo mazzo per muoverti, saltare, scivolare o — nella maggior parte dei casi — evitare di cadere giù come un sacco di patate con ambizioni eroiche.

Ogni leviatano è una vera diva: ha la sua mappa, le sue regole e le sue zone “difficili” (cioè praticamente ovunque). Il libro-plancia a spirale è bellissimo: sfogliarlo è un po’ come dire “oggi si scala un drago, domani una balena demonica… che vita intensa!”, e ogni scenario sembra fatto apposta per farti dire “forse oggi NO”.

Difetto? Certo: questo gioco è un generatore professionale di ansia da altezza. Se soffri di vertigini, preparati a sudare come se stessi davvero a nove metri di altezza appeso a un artiglio gigante.

In sintesi: epico, caotico, spettacolare. E leggermente letale, ma con stile.

“Deep Regrets” è il gioco perfetto per chi ha sempre desiderato combinare due passioni: la pesca sportiva e il rimpianto esistenziale. Finalmente potrai tirare su creature abissali terrificanti mentre ti chiedi, con sincera ansia, perché non hai scelto un hobby più tranquillo tipo l’origami.

Il gioco ti mette nei panni di un pescatore coraggioso — o incosciente, dipende dal tiro di dado — che decide di calare la lenza sempre più in fondo, dove vivono pesci talmente brutti che anche Cthulhu li avrebbe bloccati su Instagram. Tra i **punti di forza**, spicca l’adorabile sistema “push-your-luck”: ogni volta che tiri i dadi senti il cuore stringersi, un po’ per la tensione, un po’ per la certezza matematica che la fortuna sia in ferie. L’ambientazione è splendida, cupa, artistica, quasi poetica… se la poesia parlasse di tentacoli e rimorsi.

Ma non tutto è oro nelle profondità marine. La **durata** può estendersi come un polpo ben nutrito, e il sistema dei “Regrets” è così pignolo che rischi di provare rimpianti veri mentre lo gestisci. E sì, la fortuna incide parecchio: potresti pescare un mostro epico… o un mollusco depresso.

In sintesi: un gioco brillante, teso, bellissimo — e assolutamente perfetto per chi ama rischiare la sanità mentale per un bel trofeo ittico.

“Algae Inc. è il gioco perfetto per chi, da bambino, non sognava di diventare astronauta o calciatore, ma CEO di un’azienda di alghe. Finalmente un gioco che ti permette di provare l’ebbrezza del dire: “Scusi, dov’è finito il mio lotto di clorofilla premium?” senza essere guardato male.

Il titolo ti catapulta in un mondo dove la crescita industriale dipende da quanto bene fai fotosintesi. Devo dire che i punti di forza sono tanti: asimmetria brillante, gestione delle risorse raffinata, un tema ecosostenibile che ti fa sentire un incrocio tra Greta Thunberg e un contabile tedesco. Ogni reparto ha le sue peculiarità e ti ritroverai a fare strategie talmente intricate che, alla fine, potresti quasi pretendere un MBA.

Ma parliamo delle criticità: la curva di apprendimento non è una curva, è una montagna. Roba che se sbagli un turno ti ritrovi a metà partita a guardare gli altri esportare prodotti mentre tu ancora cerchi di capire dove mettere gli operatori. Anche la durata può sfuggirti di mano: parti pensando “un’oretta”, finisci quando le stesse alghe del tabellone hanno fatto la pensione.

In sintesi: un gioco profondo, intelligente, bellissimo… e talvolta più impegnativo di adottare un ficus. Perfetto per chi ama strategie toste e un pizzico di sana follia verde.